L'art. 42 bis del Decreto legislativo n. 151 del 2001 è un istituto che permette l'assegnazione temporanea e quindi il trasferimento di sede per la durata di tre anni, presso una sede ubicata nella provincia o nella Regione dove l'altro genitore svolge l'attività lavorativa in presenza di un figlio di età inferiore ai tre anni. E' impropriamente conosciuta come una legge che permette il ricongiungimento familiare in favore del pubblico dipendente e quindi anche dei militari, anche se in realtà la norma tutela la genitorialità e quindi a nulla rileva lo stato dei relativi genitori.
Per quanto concerne il personale militare e delle forze di polizia, i requisiti per ottenere un'assegnazione temporanea ex. articolo 42 bis del D. Lgs. 151 del 2001, sono più stringenti e le ultime sentenze confermano che l'Amministrazione procede ad un rigetto e ad un diniego in maniera più marcata rispetto a quanto avviene con il pubblico impiego in generale. Come detto, l'assegnazione temporanea ex. art. 42 bis è molto specifica rispetto al personale dell'esercito, della marina, dell'aeronautica, dei carabinieri, della guardia di finanza, della polizia, della Guardia Costiera ed anche del personale appartenente ai Vigili del Fuoco.
Come noto il correttivo dei riordini di cui ai decreti Legislativi 172 e 173 del 2019 ha modificato quelle che in parte erano ritenute delle evidenti criticità e disparità di trattamento create con il precedente riordino del 2017 di cui ai D. Lgs. 94 e 95 del 2017.
Ma in realtà è stato così oppure ha introdotto nuove e maggiori criticità soprattutto per quanto concerne alcuni diritti costituzionalmente garantiti come la tutela della genitorialità?
Per quanto di interesse a questo breve articolo appare opportuno parlare dell’art. 42 bis del D. Lgs. 151 del 2001 che nel corso degli anni ha visto innumerevoli modifiche ed ha permesso a tantissimi militari, non senza battaglie presso i diversi Tribunali Amministrativi di tutta Italia, veder riconosciuto il diritto alla tutela del minore e al suo diritto ad essere accudito da entrambi i genitori. Quali sono i requisiti per richiedere il trasferimento per tre anni nei primi tre anni di vita del minore? Quali sono le motivazioni per un possibile rigetto? Quante sono le possibilità di vedersi accogliere un eventuale ricorso?
COSA DICE LA NORMA
L'art. 42 bis del D. Lgs. 151 del 2001 è stato introdotto dall’art. 3, co. 105 della L. 24 dicembre 2003, n. 350, modificato successivamente in senso maggiormente favorevole al dipendente, attraverso l’art. 14, co. 7 della L. 7 agosto 2015, n. 124 che ha introdotto la necessaria valutazione delle eccezionali esigenze di servizio.
La norma, rubricata “Assegnazione temporanea dei lavoratori dipendenti alle amministrazioni pubbliche”, recita che “1. Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato. L'assenso o il dissenso devono essere comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda e limitato a casi o esigenze eccezionali. 2. Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione. “
Di certo la ratio del legislatore nel novellare l'art. 42 bis, è stata quella di favorire il dipendente al riavvicinamento alla residenza dell’altro genitore nel caso di prole con età inferiore a tre anni. Con ciò al fine di contribuire in maniera determinante alla crescita del fanciullo in tenera età ritenendo necessaria compresenza di entrambi i genitori.
Se da un lato non parrebbero esserci dubbi è bene dire fin da subito che in virtù del carattere si specialità che contraddistingue l’impiego dei militari e del personale delle forze di polizia, questa norma è stata più volte oggetto di pronunce giurisprudenziali che nel corso degli anni non hanno permesso un chiaro ed univoco indirizzo.
Tale norma viene posta comunque al vaglio dell'Amministrazione relativamente ai contrapposti interessi in gioco: da un lato la tutela del minore e dell’altro l’efficienza della pubblica amministrazione. Con la novella del 2015 tale contrapposizione ha trovato quale unico limite le eccezionali esigenze che certamente non possono essere fatte valere per la sola scopertura di organico della sede di provenienza, dovendo invece, dimostrare il reale e oggettivo pregiudizio subito dall'Amministrazione per l'assenza del dipendente.
LA SITUAZIONE DOPO I CORRETTIVI AL RIORDINO
Quindi, fino all'entrata in vigore dei decreti Legislativi 172 e 173 del 2019, cd. Correttivi ai riordini, non vi sono stati sostanziali problemi e molti militari hanno ottenuto il trasferimento o comunque hanno ottenuto riconoscimento presso i Tribunali amministrativi competenti nonostante l'ostruzionismo più o meno pronunciato delle Amministrazioni di appartenenza.
A seguito del correttivo, purtroppo, la norma è nuovamente cambiata ed ha nuovamente imposto un forte limite per il solo personale delle Forze Armate e Forze di Polizia.
Infatti, trattandosi di normativa speciale che prevale su quella generale, l'art. 40 del D. Lgs. 172 del 2019 ha sostanzialmente autorizzato le amministrazioni di appartenenza a negare il beneficio aggiungendo quale ulteriore requisito quello delle esigenze di servizio.
Tuttavia, non tutto è perduto dato che l’Amministrazione dovrà sempre verificare in concreto le esigenze di servizio e quindi pronunciare un eventuale (e tutto da dimostrare) diniego che dovrà essere giustificato da concrete ed attuali situazioni che non possano essere in alcun modo risolte se non con la presenza del dipendente.
È quindi evidente che i cosiddetti riordini hanno imposto una ulteriore ed ingiusta limitazione per il personale militare che dovrà nuovamente ricorrere al TAR, in presenza dei presupposti per impugnare tali provvedimenti, avverso rigetti di domande ex. art. 42bis del D. Lgs. 151 del 2001. Questa volta, però, con una difficoltà aggiuntiva dovendo superare la legittimità dei dinieghi imposti per mere esigenze di servizio.
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