Negli ultimi giorni ha suscitato molto interesse una sentenza emessa nel giugno 2024 in materia di indennità di trasferimento per il personale delle Forze Armate rientrato dall'estero dopo un mandato di tre o quattro anni. Il caso riguarda coloro che, pur rientrando da incarichi svolti all'estero, sono stati trasferiti d'autorità in sedi diverse rispetto a quelle di provenienza. La questione centrale riguarda l'interpretazione delle leggi che regolano il diritto all'indennità in tali situazioni, tra cui la Legge 100 del 1987 e la Legge 86 del 2001.
La sentenza ha un'importanza significativa poiché ribadisce il diritto all’indennità di trasferimento per coloro che, nonostante abbiano prestato servizio all'estero dopo un periodo di tre o quattro anni, si sono trovati assegnati a sedi diverse da quelle di provenienza. In questo contesto, il concetto di trasferimento d'autorità assume una valenza cruciale: infatti, la decisione dell'amministrazione di spostare il personale senza rispettare le preferenze espresse dagli interessati ha configurato un trasferimento non volontario, giustificando così l'erogazione dell’indennità prevista.
Se sei rientrato da meno di 5 anni, sei stato impegnato in una missione internazionale della durata superiore ai 12 mesi e sei stato trasferito d'autorità al rientro in Italia, in una sede diversa da quella di partenza,
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Qui di seguito una sintesi del caso
La circolare n. M_D GBIL 0000283 del 14 gennaio 2015
La circolare si basa sulla legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di Stabilità 2015), che introduce una serie di disposizioni per il bilancio dello Stato e include misure di contenimento delle spese per il personale militare e civile impiegato all'estero. Queste misure si applicano sia al Ministero della Difesa (Forze Armate) sia al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI), con l’obiettivo di razionalizzare le risorse finanziarie.
La circolare evidenzia cinque cambiamenti principali nel trattamento economico del personale all’estero, con lo scopo di ridurre i costi e migliorare l’efficienza della gestione delle risorse. Le principali sono:
Eliminazione dell'indennità di trasferimento in patria: La prima e più significativa modifica riguarda l’eliminazione dell'indennità di trasferimento in patria. A partire dal 1° gennaio 2015, il personale delle Forze Armate impiegato all’estero in base all’art. 1808 del D.Lgs. 66/2010 e della legge n. 1114/1962 non riceverà più l’indennità in questione al rientro in Italia. Questo segue una precedente riduzione introdotta dalla Legge di Stabilità del 2012, che già aveva escluso dalla stessa indennità il personale impiegato presso le rappresentanze diplomatiche (art. 1809 del D.Lgs. 66/2010).
Estensione della durata del mandato all'estero da 3 a 4 anni: Per contenere ulteriormente i costi legati agli avvicendamenti del personale, la circolare stabilisce che, laddove possibile, la durata dell’incarico del personale impiegato presso organismi o enti internazionali venga estesa da 3 a 4 anni. Questo cambiamento mira a ridurre le spese associate al trasporto di bagagli e masserizie, e alle indennità di sistemazione e richiamo.
La Sentenza
La sentenza del giugno 2024 è relativa al ricorso presentato da due appartenenti all'Arma dei Carabinieri nel 2018, contro il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri e il Ministero della Difesa. I ricorrenti chiedevano il riconoscimento dell'indennità di trasferimento prevista dalla legge n. 100 del 1987, successivamente modificata dalla legge n. 86 del 2001, in seguito al loro rientro in Italia dopo missioni all'estero, sostenendo che il trasferimento in nuove sedi in Italia, nonostante le loro preferenze per sedi nella provincia di OMISSIS, dovesse essere considerato un "trasferimento d’autorità". Essi lamentavano che l'amministrazione non avesse rispettato le loro indicazioni e che fossero stati trasferiti a OMISSIS, invece che nelle sedi desiderate. Pertanto, sostenevano di avere diritto all'indennità di trasferimento, ai sensi della legge n. 86 del 2001, dato che avevano prestato servizio presso Rappresentanze Diplomatiche all'estero e successivamente erano stati trasferiti in una nuova sede in Italia senza il loro consenso.
Il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri e il Ministero della Difesa si sono difesi, sostenendo che, in base all'art. 1809 del D.Lgs. n. 66 del 2010 e alla circolare del Ministero della Difesa del 14 gennaio 2015, il personale impiegato all'estero non aveva diritto all'indennità di trasferimento al rientro in patria. Secondo la difesa, questo era ribadito anche dalla legge n. 183 del 2011 (Legge di Stabilità 2012), che escludeva esplicitamente il personale impiegato presso Rappresentanze Diplomatiche dall’indennità di trasferimento.
Il Tribunale ha invece accolto il ricorso, stabilendo che i ricorrenti avevano diritto all'indennità di trasferimento in quanto:
- Ha riconosciuto che i ricorrenti erano stati trasferiti d'autorità, poiché l’amministrazione aveva modificato la loro sede di servizio senza rispettare le preferenze espresse e senza riportarli nelle sedi in cui prestavano servizio prima dell’impiego all’estero. Questo trasferimento, dunque, configurava un vero e proprio "trasferimento d’autorità", poiché avvenuto motu proprio dall’amministrazione e non volontariamente.
- Il TAR ha poi sottolineato che, anche se l'impiego all'estero era temporaneo, il rientro in una sede diversa da quella di provenienza configurava un trasferimento, tale da giustificare l'erogazione dell'indennità. L’impiego all’estero non rappresenta una nuova e definitiva sede di servizio, ma solo una sede temporanea. Pertanto, il rientro in una sede diversa dalla precedente costituiva un cambiamento sostanziale che dava diritto all’indennità.
- Il TAR ha chiarito che, nonostante le limitazioni imposte dalla legge n. 183 del 2011 e dalla legge n. 190 del 2014, queste disposizioni si applicano solo nei casi in cui il personale rientra nella medesima sede di servizio di provenienza. Nel caso in cui vi sia un trasferimento a una nuova sede, come avvenuto per i ricorrenti, la situazione cambia e si applica la disciplina del trasferimento d'autorità.
Il TAR ha quindi riconosciuto il diritto dei ricorrenti a ricevere l'indennità di trasferimento, inclusi gli interessi legali.
La sentenza ha una rilevanza significativa poiché ribadisce il diritto all'indennità di trasferimento per il personale che, dopo essere stato impiegato all’estero, viene trasferito in una sede diversa da quella di provenienza. La decisione sottolinea che l’amministrazione non può determinare la nuova sede di servizio arbitrariamente, ignorando le precedenti disposizioni normative sul trasferimento d’autorità.
Questo caso può quindi costituire un precedente importante per altri membri delle Forze Armate o del servizio pubblico che si trovano in situazioni simili di trasferimento dopo impieghi all’estero.
Cosa fare se siete rientrati in Patria da meno di 5 anni e volete valutare il vostro caso?
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