In ambito militare si sente spesso parlare di presunti illeciti inquadrabili sotto il profilo del Rifiuto di atti d’ufficio (art. 328 c.p.) ed Abuso d’Ufficio (art. 323 c.p.), dovuti a mancate risposte ad accessi agli atti, oppure mancato inoltro di istanze o mancato riscontro ad istanze dell’interessato.
Infatti, molti militari necessitano di interloquire con la propria amministrazione per le più disparate ragioni, pertanto, è necessario inquadrare correttamente la fattispecie in commento per comprendere quali possano essere i risvolti.
Se quindi ti stai chiedendo se una mancata risposta ad un accesso agli atti o un mancato inoltro di istanze o domande possa costituire un illecito penale inquadrabile in uno dei due reati sopra menzionati, allora sei nel posto giusto.
Gli Avvocati Selene Maiella e Pasquale Carbutti, grazie alla loro pluriennale esperienza nel campo del diritto militare sia amministrativo che penale, anche sotto il profilo dei reati contro la pubblica amministrazione, possono fornirti una risposta esauriente.
In questo breve approfondimento tratteremo del reato di Rifiuto d’Atti d’ufficio per capire quando si configura e quali siano gli elementi essenziali per poi verificare in concreto se può essere configurabile il reato nel caso di una mancata risposta ad un accesso agli atti.
L'art. 328 del Codice penale ha subito rilevanti modifiche a seguito della riforma di cui alla legge n. 86 del 26 aprile 1990. La norma tutela il normale funzionamento della pubblica amministrazione e nel nostro ordinamento sono due le ipotesi di reato: il rifiuto di atti d’ufficio (art. 328, c. 1, c.p.) e la fattispecie omissiva (art. 328, c. 2, c.p.). In entrambi i casi è punito il pubblico ufficiale che rifiuta o omette il compimento di atti propri del suo ufficio.
L’ Art. 328 c.p., Rifiuto di atti d'ufficio. Omissione.:
- Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
- Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.
INTERESSE TUTELATO
Nell’articolo qui in commento, il soggetto offeso del reato di omissione di atti d’ufficio, nell’ipotesi di cui al 1° comma è la Pubblica Amministrazione in quanto la norma protegge il buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Costituzione.
Invece, il reato previsto dal 2° comma dell’art. 328 integra un delitto plurioffensivo e come tale vedrà quali soggetti offesi sia la pubblica amministrazione sia il privato che si vedrà danneggiato dall’omissione o dal ritardo dell’atto amministrativo dovuto.
IL RIFIUTO D’ATTI D’UFFICIO
Come detto, il reato disciplina due distinte fattispecie delittuose, la prima si perfeziona con la semplice omissione del provvedimento di cui si sollecita la tempestiva adozione, nella seconda, invece, è necessario che concorrano due condotte omissive: la prima deve consistere nella mancata adozione entro 30 giorni dalla richiesta scritta della parte interessata e la seconda deve consistere nella mancata risposta per ragioni di ritardo.
È importante sottolineare che l’elemento materiale del reato si realizza allorquando il rifiuto si sia realizzato senza alcuna valida ragione di legittimazione ovvero nel momento in cui tale fatto non trovi giustificazione nella legge o nella oggettiva ed assoluta impossibilità a provvedere.
Pertanto, non viene sanzionata la mera negligenza, bensì il rifiuto consapevole di atti da adottarsi senza ritardo, per la tutela di beni pubblici, per i quali il pubblico ufficiale sia stato dotato di poteri a tale scopo.
Per la configurabilità di tale reato, considerato di pericolo, è poi necessario che vi sia un ordine o una richiesta di compiere l’atto dovuto.
Pertanto, fatta questa necessaria premessa, il reato di cui al 1° comma dell’art. 328 c.p. non può integrare una fattispecie delittuosa relativamente ad istanze di militari rivolte ai propri superiori, le quali non abbiano ricevuto riscontro o sia state “dimenticate”.
OMISSIONE D’ATTI D’UFFICIO
Di certo, tale fattispecie è più interessante per i motivi qui delineati, ma soprattutto perché, come abbiamo detto, la parte offesa del reato è anche il privato.
Infatti, se da un lato il soggetto attivo del reato di cui al 2° comma dell’art. 328 c.p. è il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che ha la responsabilità dell’atto richiesto, è necessario che il privato si attivi al fine di ricevere una risposta direttamente dal titolare del potere-dovere di compiere l’atto e non alla pubblica amministrazione in generale.
Il privato che ne abbia l’interesse dovrà quindi inviare una richiesta espressa, qualificabile quale messa in mora o diffida ad adempiere, con la richiesta di compiere l’atto o fornire una risposta entro 30 giorni.
È importante precisare che il reato si configura anche nel caso in cui il ritardo superiore ai 30 giorni nel compiere l’atto ovvero nel rispondere per esporre le ragioni del ritardo non possa produrre alcun danno. Inoltre, l’elemento soggettivo è il dolo, pertanto il reato non è punibile a titolo di colpa.
Riassumendo:
Rifiuto atti d’ufficio:
- Rifiuto diretto di esercitare una sua mansione sia a seguito di un ordine di un proprio superiore e sia in una situazione che richiede una immediata reazione;
- Rifiuto non adeguatamente motivato;
- Deve rivolgersi ad un altro pubblico ufficiale.
Omissione d’atto d’ufficio:
- Mancata risposta/silenzio;
- Devono decorrere almeno 30 giorni dalla richiesta che non ha ricevuto risposta né giustificazioni per il ritardo;
- Richiesta formulata come una diffida formale;
- La condotta può essere rivolta sia a privati cittadini e sia a pubblici ufficiali.
SILENZIO-RIGETTO E ACCESSO AGLI ATTI
La questione certamente più dibattuta è se, all’interno del procedimento amministrativo si possa configurare una omissione d’atti d’ufficio (2° comma art. 328 c.p.). Partiamo subito nell’affermare che la richiesta del privato tendente a conoscere il nominativo del responsabile del procedimento d’interesse, formulata nei termini di cui sopra è atta a configurare il reato in questione.
Invece, in tema di accesso agli atti, quando un privato presenta una richiesta di accesso agli atti al pubblico ufficiale, in termini di procedimento amministrativo, questi dovrà rispondere entro 30 giorni rilasciando gli atti richiesti oppure negando l’accesso con motivazione. Qualora il pubblico ufficiale non risponda, l’art. 25, c. 4, l. 241/90 prevede il meccanismo del silenzio- rigetto secondo il quale la mancata risposta assume significato di rigetto.
Ci si è chiesti se tale silenzio possa integrare la fattispecie del reato di omissione di atti d’ufficio. Sul punto la dottrina e la giurisprudenza sono divisi, infatti un orientamento sostiene che tale ipotesi non integrerebbe il reato in quanto la legge prevede espressamente il meccanismo del silenzio rigetto il quale costituirebbe una causa di giustificazione (art. 51 c.p.a.). Un altro orientamento, invece, afferma che in tale ipotesi si configuri il reato di cui al comma 2 di tale disposizione in quanto il meccanismo del silenzio-rigetto non sia causa giustificativa: l’Amministrazione deve sempre concludere il procedimento amministrativo con un provvedimento espresso (positivo o negativo). Va comunque ricordato che a premessa di una querela in tal senso vi debbano ricorrere tre ipotesi:
- Una specifica richiesta del privato cittadino;
- il protrarsi inutile del termine di trenta giorni dalla richiesta;
- il mancato compimento del provvedimento e la mancata comunicazione delle cause di giustificazione.
GIURISPRUDENZA
Già dal 2013 la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che “ai fini della integrazione del delitto di omissione di atti d’ufficio, è irrilevante il formarsi del silenzio-rifiuto entro la scadenza del termine di trenta giorni dalla richiesta del privato. Ne consegue che il “silenzio-rifiuto” deve considerarsi inadempimento e, quindi, come condotta omissiva richiesta per la configurazione della fattispecie incriminatrice”. (Corte di Cassazione, sez. VI, 13.11.2013, n. 45629).
Infatti, secondo la “pacifica linea interpretativa tracciata da questa Suprema Corte, che ha ormai da tempo stabilito il principio secondo cui, in tema di delitto di omissione di atti d’ufficio, il formarsi del silenzio-rifiuto alla scadenza del termine di trenta giorni dalla richiesta del privato costituisce un inadempimento integrante la condotta omissiva richiesta per la configurazione della fattispecie incriminatrice. […]La fattispecie di cui all’art. 328 c.p., comma 2, incrimina non tanto l’omissione dell’atto richiesto, quanto la mancata indicazione delle ragioni del ritardo entro i 30 giorni dall’istanza di chi vi abbia interesse. […] viene punita in tal modo, non già la mancata adozione dell’atto, che potrebbe rientrare nel potere discrezionale della pubblica amministrazione, bensì l’inerzia del funzionario, la quale finisce per rendere poco trasparente l’attività amministrativa. […] Ne discende, conclusivamente, che la richiesta scritta di cui all’art. 328 c.p., comma 2, assume la natura e la funzione tipica della diffida ad adempiere, dovendo la stessa essere rivolta a sollecitare il compimento dell’atto o l’esposizione delle ragioni che lo impediscono, con il logico corollario che il reato si “consuma” quando, in presenza di tale presupposto, sia decorso il termine di trenta giorni senza che l’atto richiesto sia stato compiuto, o senza che il mancato compimento sia stato giustificato”. (Corte di Cassazione, sez. VI pen., 22.10.2015, n. 42610).
CONCLUSIONI
Come abbiamo visto l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 328 c.p. è molto complessa, pertanto, se da un lato non sempre risulta configurabile il reato, dall’altro è altrettanto incerto che il privato possa far valere il 2° comma dell’art. 328 c.p. per ottenere gli atti di interesse.
Pertanto, lo studio legale degli Avvocati Maiella e Carbutti rimane a disposizione per qualunque necessità e valutazione sia in ordine alla presentazione di denunce-querele ma anche per la difesa nei procedimenti penali per delitti contro la pubblica Amministrazione.
PER CONTATTARE GLI AVVOCATI MAIELLA E CARBUTTI
In caso di assistenza, consulenza o tutela legale puoi CONTATTARCI via mail scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. oppure via Telefono, WhatsApp o Telegram chiamando il 351- 8799894 (avv. Maiella) oppure 345 - 2238661 (avv. Carbutti).
Invece, per saperne di più sugli istituti di DIRITTO AMMINISTRATIVO MILITARE consigliamo anche il nostro MANUALE ESPLICATIVO DI DIRITTO MILITARE (Per maggiori info sul manuale e sui contenuti clicca qui)
Ti potrebbe interessare anche...
Guarda anche i nostri approfondimenti VIDEO